...Il secolo della solitudine / Noreena Hertz...

 Ci ho messo un pò a scrivere la recensione di questo libro, ne ho condiviso impressioni lungo il percorso ma una volta che l'ho chiuso, ho avuto bisogno di tempo per digerirlo. 

In 416 pagine viene spiegato e analizzato uno dei problemi più grandi della nostra epoca: la solitudine. 

Io ho sempre amato e ricercato la solitudine ma non mi sono mai sentita sola o almeno così credevo. Perché  a pensarci bene, forse, ogni tanto, sola mi sono sentita anche io e non è stato solo il test a inizio libro a confermarmelo, sono state tante piccole cose  a cui ho riflettuto dopo. 

Viviamo in un'epoca in cui puoi ordinare un amico con la facilità con cui ordini una pizza, ti arriva a casa e ci parli il tempo necessario per sentirti meno solo, è quello che l'autrice definisce l'economia della solitudine nata per appoggiare e sfruttare chi si sente solo. 

Ed è così che approfondendo la lettura scopri che ci sono persone anziane che commettono piccoli reati per andare dentro, pur di avere una comunità anche se in una prigione, persone talmente legate ai loro robot da piangere quando si rompono e non accettarne una sostituzione, persone che a causa dei viaggi di lavoro e non avendo tempo di coltivare le relazioni sociali affittano amici per un'ora o due.  

Questo ci fa capire che la solitudine non riguarda solo il singolo ma vive all'interno di un ecosistema. 

Nel Regno Unito nel 2018 è stato istituito un Ministero della solitudine vista la gravità del fenomeno. 

La solitudine abbraccia tutti senza distinzioni di età, dai più piccoli che perdono lo sguardo dei genitori i cui occhi sono posati sugli schermi dei cellulari con conseguenze gravissime per la capacità empatica, gli adolescenti che a causa dei social vivono in una costante ansia da prestazione e non riescono a costruirsi un'identità autentica dissociata dalle vite finte degli influencer che gli provoca una incapacità relazionale, impiegati in uffici che mangiano da soli ognuno sulla propria scrivania coltivando un ambiente alienante e depressivo, giovani in cerca di lavoro a cui viene fatto un colloquio tramite un algoritmo, anziani così soli che sono totalmente abbandonati a se stessi. 

Da questi pochi esempi si evince quando la solitudine sia un problema prima di tutto collettivo, nato da una mentalità sempre più individualista e competitiva, dove l'altro è colui da cui stare lontano e non vicino, è il nemico, il concorrente, non la persona da aiutare, inutile dire che gli anni di pandemia hanno solo che acuito il problema. 

Ma la cosa incredibile è che la solitudine crea dei danni al corpo tali da accorciarti la vita, anche piccoli lassi di tempo provocano delle conseguenze e questi sono stati accertati da svariati studi. 

Non siamo fatti per stare soli e sorridere alle persone ( una volta tolte le mascherine) quando incrociamo il loro sguardo sarà già un grande passo verso la guarigione e una vita migliore. 


foto di Paola Iervolino







Commenti